La famiglia Venturelli è conosciuta ad Amelia fin dal 1300. Il capostipite Petrucciolo compare eletto nel Consiglio degli Anziani. Si ricordano inoltre Giovanni Venturelli, governatore di Bologna sotto il pontificato di Pio II, poi Vescovo e governatore di Cesena e quindi di tutta la Romagna sotto Sisto IV; infine il nipote Filippo Venturelli, vescovo di Amelia e oratore comunale presso papa Eugenio IV durante il Concilio di Firenze (1426).
Il Palazzo, la cui costruzione in base ad alcuni elementi come le travi lasciate in vista si fa risalire alla seconda metà del Cinquecento, rientra nella tipologia di costruzione che, a cominciare dal luogo prescelto all’interno delle mura, testimonia le stratificazioni di una città in cui è evidente il riuso dell’antico. Come per la maggior parte dei palazzi nobiliari della città l’edificio venne costruito su preesistenze romane utilizzando le strutture e gli ambienti come base di appoggio.
Il Palazzo inoltre si trova presso la Porta del Sole (tutt’ora ben visibile dall’esterno delle mura), antico accesso della città verso est, da cui una strada basolata si ricongiungeva in direzione ortogonale con il cardo maximus, proseguimento urbano della strada consolare di età repubblicana, la via Amerina. L’ingresso principale del palazzo è sul lato ovest, lungo l’attuale via Pomponia. Al piano nobile si accede per mezzo di tre rampe di scale: il salone principale, a pianta rettangolare, si trova al di sopra dell’ingresso principale con due porte di accesso e tre finestre sui lati lunghi e una porta di disimpegno su ciascuno dei lati brevi.
Il pavimento in cotto, originale, riporta lo stemma di famiglia. Notevole la decorazione pittorica a fregio continuo che, nella sequenza dei quadri in finta cornice scanditi da telamoni, espone la narrazione di fatti o la rappresentazione fantastica di simboli e allegorie e nella quale è rappresentata anche la città di Amelia e i paesaggi della campagna circostante. Questo ciclo decorativo è stato attribuito in maniera concorde da diversi studiosi al prolifico pittore amerino Tarquinio Racani (Amelia, documentato dal 1595 al 1620), al quale secondo ricerche recenti spetterebbero numerose opere in precedenza riferite vagamente alla scuola di Livio Agresti e in particolare a un altro allievo formatosi accanto al grande artista forlivese, Liotardo Piccioli (documentato dal 1572 al 1578), una personalità ancora troppo nebulosa ma che comunque dimostra l’importanza della stagione artistica del Manierismo nella storia di Amelia . Notevole è anche la serie di dipinti appesi alle pareti del salone, raffiguranti vedute ideali e di fantasia che mettono insieme edifici, monumenti antichi ed elementi naturalistici, ascrivibili al genere del capriccio che ebbe molto successo in Italia intorno alla metà del Settecento.
Domus romana Il Palazzo insiste su una domus romana articolata su più livelli: costruita nel I sec. a.C., nel I d.C. venne arricchita da pavimenti decorati a mosaico bianco e nero, visibili accedendo a una cantina comunicante con i locali sotterranei e retrostanti del Palazzo (numeri civici 57-59 di via Civitavecchia). All’interno di uno dei due ambienti, che era forse l’atrio dell’abitazione, in posizione decentrata, è incassata nel mosaico una base di travertino con cornice modanata nella quale si apre l’imboccatura di un pozzo o di una cisterna. Il secondo ambiente presenta un mosaico con decorazione a meandro nero su fondo bianco, che incornicia motivi floreali. I mosaici di Palazzo Venturelli testimoniano il tono medio-alto dell’edilizia privata di Ameria romana, che rispecchia le aspirazioni al prestigio di un ceto socialmente emergente. Stesse caratteristiche presentano gli altri nuclei residenziali del centro urbano, ad esempio la domus sottostante Palazzo Farrattini.
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