Nel 1780 un gruppo di nobili e di borghesi della città di Amelia, allora fiorente centro dello Stato della Chiesa, di secolari tradizioni culturali, si riunì deciso ad uno sforzo comune per costruire un nuovo Teatro. Il 23 febbraio 1782 si tenne la “congregazione” di fondazione, presieduta dal Marchese Orso Orsini, cui parteciparono i primi 25 soci. Il progetto e la direzione dei lavori furono affidati secondo alcune fonti all’architetto Giuseppe Mattei di Roma, secondo altre al Conte Stefano Cansacchi di Amelia, architetto stimato anche oltre i confini dello Stato Pontificio ed esponente dell’Accademia del Disegno di Perugia. Dando credito a quest’ultima ipotesi, è possibile supporre che Cansacchi sia stato coadiuvato nella progettazione dall’allora giovanissimo Giannantonio Selva (Venezia 1751- 1819), che avrebbe potuto incontrare alle riunioni accademiche di Perugia e che soltanto dieci anni dopo avrebbe realizzato a Venezia il celeberrimo Teatro “La Fenice”, straordinariamente simile all’architettura, nell’impostazione e persino nella decorazione al teatro amerino, anche se non esistono prove documentarie che possono suffragare la congettura che dal modello di Amelia sia disceso il progetto per l’edificio veneziano.
Numerosi sono stati gli interventi di ammodernamento e restauro che si sono succeduti negli oltre due secoli di vita del Teatro. Nel 1823 fu aperta la fossa orchestrale detta “golfo mistico”, al fine di poter ospitare un complesso strumentale e soddisfare così le esigenze di messinscena imposte dal nuovo modello di opera lirica, che richiedeva ormai la presenza di un notevole numero di orchestrali. Nel 1866, eliminate due grandi statue che erano state poste ad ornamento dei due lati del proscenio, furono realizzati gli attuali sei palchi di proscenio, che, in aggiunta ai 44 preesistenti, portarono il numero totale dei palchi ai 50 attuali, distribuiti su tre ordini (17 per ciascun ordine, con lo spazio centrale del primo ordine occupato dalla porta d’ingresso): da quel momento il Teatro dispose di 400 posti divisi tra platea, palchi e il loggione posto in alto all’ultimo livello.
Negli anni tra il 1880 e il 1886 furono eseguite nuove vivaci decorazioni di fattura liberty, affidando l’esecuzione degli affreschi che tuttora ornano il plafond (soffitto) e il ridotto (sala di sosta e di trattenimento utilizzata durante gli intervalli degli spettacoli) al perugino Domenico Bruschi (Perugia 1840 – Roma 1910), artista celebrato all’epoca per i suoi interventi in altri teatri umbri, tra cui il “Caio Melisso” di Spoleto, il “Clitunno” di Trevi, il “Giuseppe Verdi” di Terni. Al suo pennello virtuoso si deve inoltre il grandioso telone, perfettamente integro, che funge ancora da sipario, raffigurante il leggendario Assedio di Amelia di Federico Barbarossa (episodio privo di riscontri storici) che si affiancò all’altro preziosissimo sipario settecentesco, detto “comodino”, raffigurante una finta loggia in prospettiva, anch’esso fortunatamente conservato. L’ultimo restauro terminato nel 2006 ha consentito il recupero dello spazio esterno adattato a teatro all’aperto (220 posti) e comprendente il belvedere sottostante la splendida vallata nonché, nel sotterraneo, una nuova sala del ridotto debitamente attrezzata di tutti i comfort.
Il teatro amerino costituisce uno dei rari residui esemplari di teatro settecentesco realizzato interamente in legno, dalle strutture ai meccanismi scenici tuttora perfettamente funzionanti: per questo motivo il Ministero dei Beni Culturali lo ha dichiarato monumento di particolare interesse storico ed artistico. Il Teatro Sociale, tutt’oggi di proprietà della stessa Società Teatrale da cui prende il nome, sorta per la sua realizzazione, ha ospitato tutte le maggiori opere del repertorio lirico italiano ed europeo, con la partecipazione di grandi interpreti dell’opera lirico, nonché spettacoli di musica sinfonica e cameristica.
Da menzionare anche l’utilizzo frequente dell’ampio palcoscenico per riprese cinematografiche: è stato calcolato che qui si sono girati ben 42 tra film e sceneggiati televisivi, alcuni molto noti al pubblico italiano, come Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini con Nino Manfredi (1972) e il Marchese del Grillo di Mario Monicelli con Alberto Sordi (1981).