Alcune fonti antiche sostengono che in questo punto, il cosiddetto “Sacrum Verticem” della città umbro-romana, sorgesse in antichità un tempio dedicato al Sole. Sin dal VI sec. doveva sorgere invece un luogo di culto dedicato a San Lorenzo, nome scelto perché richiamava quello della primitiva Cattedrale, nota come San Lorenzo in Urbestole, posta fuori le mura cittadine lungo l’antico tracciato della Via Amerina (oggi strada provinciale Amelia-Orte). Sarebbe stata consacrata a Santa Firmina per volere del vescovo Pasquale il quale nel IX sec. vi traslò i corpi dei martiri Santa Firmina e San Olimpiade ritrovati all’epoca nei pressi del Castello di Agoliano (per alcuni identificabile nell’odierna Lugnano in Teverina) e le reliquie di Sant’Imerio leggendario vescovo di Amelia del VI sec. L’edificio primitivo aveva un presbiterio sopraelevato alla navata e una cripta sottostante ad esso che custodiva le reliquie dei due santi martiri patroni di Amelia.
Nel 1220, a seguito di un incendio o di un terremoto, la cattedrale fu ricostruita seguendo i canoni dell’architettura romanica. Con l’occupazione da parte dell’esercito imperiale di Federico II nel 1240, tutto il complesso religioso subì gravi danni, per i quali si eseguirono lavori di restauro nel 1255. Un intervento di ampliamento si ebbe nel 1323-24 quando alla chiesa vennero aggiunte nuove cappelle laterali, mentre nel 1411 furono realizzati gli stalli lignei del coro. Nei secoli successivi la chiesa mantenne inalterate le sue forme fino alla notte tra il 19 e il 20 dicembre 1629 quando, per distrazione dell’organaro, venne lasciato acceso un braciere da cui fuoriuscì un tizzone ardente che distrusse quasi per intero la parte destra della navata. Tra il 1636 e il 1677, furono pertanto realizzati radicali interventi di restauro che mutarono notevolmente l’intero edificio, abbassando il piano di calpestio della navata ed eliminando la cripta. Vennero costruiti anche un nuovo coro e un nuovo altare maggiore sotto al quale furono collocate le salme di Firmina e Olimpiade. La facciata a cui si dette inizio in quel periodo rimase incompleta sino al 1887.
L’interno della chiesa si presenta oggi caratterizzato in maniera appariscente dalle decorazioni eseguite nello stesso anno dal pittore purista Luigi Fontana, che fu incaricato di eseguire numerosi affreschi che andarono a decorare il soffitto della navata centrale, la cupola ellittica e i pennacchi sottostanti e i due bracci laterali del transetto. La Cattedrale conserva numerose opere d’arte di varie epoche testimoni della sua lunga storia: a destra dell’ingresso, vi è una colonnina di marmo che si ritiene essere quella a cui fu legata Santa Firmina mentre subiva il martirio. Nella prima cappella è murata la lastra tombale del vescovo Ruggero Mandosi, opera della bottega di Agostino di Duccio. La seconda cappella a destra, che appartenne alla famiglia Farrattini (rimando a pannello nr. 5), accoglie nell’anticappella due trofei di guerra (stendardi che si ritengono essere stati sotratti ai turchi durante la famosa Battaglia di Lepanto nel 1571) mentre la parete d’altare ospita un importante dipinto su tavola, opera giovanile di Federico Zuccari (Sant’Angelo in Vado, 1539 – Ancona, 20 luglio 1609), e ai suoi lati due monumenti funebri di Bartolomeo II e Baldo Farrattini, opere di Giovanni Antonio Dosio e Ippolito Scalza. Nella cappella situata nel braccio destro del transetto è collocata una grande tavola raffigurante l’Ultima cena dipinta nel 1538 dal pittore Giovan Francesco Perini (Amelia, ante 1523 – post 1574), che aveva lavorato a Roma, in Vaticano, negli anni in cui vi operavano Raffaello e la sua bottega. Nel braccio sinistro del transetto è posta al centro di mostra d’altare barocca una preziosa tavola del XV secolo dell’anonimo Maestro dell’Assunta di Amelia, opera a cui la devozione popolare riconobbe il miracolo dello scampato pericolo dal tremendo terremoto del 1703: per questo motivo l’opera viene esposta alla visione dei devoti soltanto nel mese di Agosto).
Nella prima cappella sul lato destro si ammira un fonte battesimale del Quattrocento, sormontato da una statua di San Giovanni Battista ispirata alle sculture di Donatello; nella stessa cappella, in una nicchia sulla parete destra è inserito il sepolcro del vescovo Giovanni Geraldini sopra al quale è posto un raffinatissimo bassorilievo (Madonna con il Bambino e tre figure allegoriche di Virtù che contemplano il Battista) opera dello scultore rinascimentale Agostino di Duccio, attivo ad Amelia per conto dei Geraldini anche nella cappella di famiglia nella chiesa di San Francesco. La raccolta diocesana, ospitata nei locali annessi alla Cattedrale, conserva inoltre opere di Antoniazzo Romano, Giovan Francesco Perini, Bartolomeo Barbiani e altri.