Porchiano del Monte Il borgo di Porchiano del Monte si trova a 9 km di distanza da Amelia, adagiato su una collina dalle ampie e dolci pendici ad un’altitudine di 463 metri, dominante la sottostante valle solcata dal fiume Tevere. Nei documenti medievali il borgo è citato come “Fortiano”, a indicarne la natura di fortiticazione. Tra Trecento e Quattrocento fu oggetto di aspre contese e di lotte armate per il suo predominio tra le città di Amelia, Todi e Alviano. Nel 1317 passò sotto la giurisdizione di Amelia causando forti ritorsioni sia del vicino castello di Lugnano sia del Comune di Orvieto, entrambi accesi oppositori al piano di espansione territoriale amerina. La storia di Porchiano è legata profondamente a quella di Bartolomeo d’Alviano (Todi 1455 – Ghedi/Brescia 1515), celeberrimo capitano di compagnie di ventura che fu al servizio delle milizie pontificie, comandante dell’esercito della Repubblica di Venezia, duca di Pordenone e signore di Alviano e Attigliano.
Nel 1495 Bartolomeo occupò e sottomise al proprio potere Porchiano, apportando rilevanti lavori di consolidamento delle mura in ottica di un rafforzamento difensivo dei confini del suo feudo: in quegli stessi anni veniva non a caso ricostruito da Bartolomeo, che era anche architetto militare, il Castello di Alviano. Il ritorno di Porchiano sotto la giurisdizione di Amelia comportò nel 1496 la sua distruzione e la devastazione di tutto il territorio circostante da parte dei soldati al servizio di Bartolomeo. Ancora nel 1498 Ferrante Farrnese, capitano di ventura alleato di Bartolomeo in lotta contro Amelia, attaccò i Chiaravalle ad Acquasparta, mise a sacco diversi castelli della zona e occupò militarmente Porchiano prima di raggiungere Bartolomeo a Bibbiena (Arezzo). Successivamente Porchiano ottenne lo statuto di Libero Comune e tale rimase sino alla sua soppressione nel 1830, quando passò definitivamente sotto l’amministrazione di Amelia.
Il paese presente alcuni pittoreschi scorci: la porta di accesso al castello da cui si gode una vista a perdita d’occhio, sormontata dall’emblema di San Bernadino da Siena (monogramma “IHS”) che predicò nell’Amerino nel 1426; gli stretti e tortuosi vicoli delimitati da palazzetti con facciate in pietra viva; la chiesa di Santa Cristina, nelle immediate vicinanze del paese in un avvallamento al di sotto delle mura cittadine, notevole per la singolare posizione scenografica e per l’affresco del catino absidale raffigurante la Madonna con il Bambino in gloria tra Santa Cristina, San Benardino da Siena e San Tommaso d’Aquino (XVI sec.). In questa chiesa venne trasportata nel 1574 una delle pietre dell’altare della chiesa di Santa Cristina in Bolsena, bagnata dal sangue del famoso miracolo eucaristico accaduto sotto gli occhi del sacerdote Pietro da Praga nel 1263: probabilmente nella circostanza della traslazione della reliquia venne commissionato ed eseguito l’affresco. Diverse escursioni sono possibili da Porchiano: poco lontano dal centro si estende il magnifico “Parco Mattia”, che offre un piacevole riposo tra boschi di lecci, con aree attrezzate per pic-nic e annessi campi sportivi.
A circa 1 chilometro dal paese, lungo una strada sterrata percorribile anche in automobile, si trova la chiesa medievale della Santissima Trinità, dove si possono ammirare interessanti affreschi votivi che ne ornano le pareti, databili tra XI e XV secolo. Infine il sentiero di Palliccio, raggiungibile percorrendo la strada provinciale che congiunge Porchiano del Monte e Attigliano, è un’oasi naturalistica che per la sua valenza ambientale è stata inserita alcuni anni fa dal WWF nell’elenco di siti “Italia da salvare” Chiesa di San Simeone La chiesa parrocchiale si trova al centro del paese ed è dedicata a San Simeone, primo vescovo di Gerusalemme dopo l’apostolo San Giacomo il Minore. Non si conoscono notizie storiche precise sulla sua fondazione, ma alcune citazioni nelle Rationes Decimarum (il registro delle decime che venivano riscosse dagli enti ecclesiastici) per gli anni 1275-1279, lasciano supporre che l’edificio venne eretto in epoca romanica (tra XI e XIII sec.), epoca a cui risale sen’altro l’altissimo campanile che svetta sul lato destro, dietro al tamburo.
L’esterno presenta una semplice facciata a capanna. L’interno è diviso in tre navate, la centrale con copertura a botte, le laterali a crociera. Lungo le pareti e sulle colonne si conservano alcuni affreschi votivi, tra cui un Sant’Antonio abate (XVI sec.) e una Madonna di Costantinopoli con San Michele arcangelo e Santa Maria Maddalena (prima metà del XVII sec.) e nell’abside un dipinto murale con i Santi Simeone, Cristina, la beata Lucia e Giovanni Bufalari, opera del pittore e restauratore tuderte Luigi Branzani (1935). Di rilievo artistico sono i capitelli altomedievali delle prime due colonne, simili a quelli della collegiata di Santa Maria Assunta a Lugnano in Teverina, e il cippo romano utilizzato come basamento per la terza. In una cappella da cui si accede tramite la navata di destra è custodita una tavola rappresentante l’Assunzione della Vergine, opera di scuola umbro-laziale della fine del XV secolo, attribuita al Maestro del Trittico di Chia e più recentemente al pittore Cola da Orte, collaboratore del celebre Piermatteo d’Amelia (Amelia 1445/48 – 1506 ca.). All’interno di un tabernacolo, alla fine della navata destra, si conserva una delle cinque pietre che vennero bagnate dal sangue del Miracolo Eucaristico di Bolsena nel 1263 (già nella chiesa di Santa Cristina ubicata appena fuori dalle mura cittadine). L’opera più importante conservata nella chiesa si trova però sulla controfacciata: si tratta di un affresco, purtroppo pervenuto in mediocre stato di conservazione, che nel 1987 è stato attribuito a Piermatteo d’Amelia da Marcello Castrichini e in seguito anche da Vittorio Sgarbi. La composizione, inserita all’interno di un’architettura, rappresenta la Vergine con il Bambino in gloria tra angeli, alla loro sinistra Santo Stefano mentre a destra si ritiene di individuare Santa Cristina che mostra il laccio spezzato tra le dita della mano destra, dettaglio iconografico che allude quasi certamente al martirio della santa, la quale, prima di essere uccisa, trafitta con frecce nel petto e nei fianchi, fu fatta legare e fustigare dal padre Urbano, un nobile romano che non le perdonava di essersi convertita al cristianesimo. La data di esecuzione, apposta nel pilastro destro, è stata ritenuta, fino ad oggi, 1486, ma le condizioni di conservazione non consentono una decodificazione certa. Permangono, ben leggibili, i quattro numeri romani finali, XXVI, mentre dei due che li precedono il primo è forse una C mentre il secondo, interessato purtroppo da una caduta di colore, una probabile L.
In tal caso la data corretta sarebbe 1476 e non 1486. Le fonti archivistiche inoltre documentano che don Mario Clementini, membro della nobile famiglia amerina, fu arciprete di Porchiano dal 1436 al 1477, il che avvalora la datazione al 1476. La Madonna con il Bambino di Porchiano è un modello fortunato che Piermatteo ripropose più volte nella sua attività, caratterizzata da un ductus pittorico dolce e raffinato, il cui esemplare di maggiore successo è senz’altro lo scomparto centrale dello smembrato Polittico di Sant’Agostino a Orvieto (1478-1481), oggi conservato a Berlino (Staatliche Museen). L’opera di Porchiano è quindi da considerare una delle prime importanti commissioni affidate a Piermatteo al ritorno in patria dopo l’apprendistato compiuto a Firenze in una delle più prestigiose botteghe del Rinascimento, quella di Andrea del Verrocchio (Firenze 1435 – Venezia 1488). La prima fu probabilmente il Sant’Antonio Abate (1474-75 ca) in origine nella chiesa di San Giovanni Battista e oggi nel Museo Civico, la seconda potrebbe essere a questo punto l’affresco eseguito nella chiesa di San Simeone (1476 ca) e la terza la straordinaria Annunciazione, realizzata per il convento della Santissima Annunziata e che dalla fine del XIX secolo è una delle maggiori attrazioni dell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston (venne infatti acquistato dalla collezionista americana nel 1880), la cui committenza si fa risalire intorno al 1477.